Per definizione, il risparmio è quella parte di reddito che non viene immediatamente consumata: si tratta cioè di quella quota della propria pensione, del proprio stipendio (o di qualunque altra fonte di rendita) che non viene subito destinata all’acquisto di beni o servizi, ma semmai accantonata per il soddisfacimento di bisogni futuri.

Premesso quindi che ha in ogni caso natura residuale – reddito meno consumi – parlare di (buone pratiche) di risparmio in termini assoluti e universali è estremamente difficile, perché la “rinuncia” a consumare una parte del proprio reddito può:

  1. assumere diverse entità, che dipenderanno ovviamente tanto dal reddito quanto dai consumi del risparmiatore;
  2. porsi vari obiettivi, che possono ad esempio spaziare dalla volontà di far fronte a imprevisti futuri a quella di fronteggiare in maniera previdente eventi più facilmente ipotizzabili o comunque certi;
  3. essere condotta con differenti modalità, più o meno adatte alle proprie specifiche esigenze per rischi, costi, finalità, soggetti intermediari coinvolti, e così via.

In tutti i casi, però, una precisazione si rende doverosa: benché siano utilizzati spesso come sinonimi e facciano in effetti riferimento ad attività fortemente interconnesse tra loro, risparmio e investimento non sono la stessa cosa.

Di per sé, infatti, risparmiare significa non consumare immediatamente e accantonare una parte del proprio reddito tipicamente (ma non necessariamente) in moneta – a prescindere dalla finalità specifica che se ne intende fare, ma in generale con la prospettiva di averne un qualche beneficio in un momento futuro. Un atto previdente per sua stessa natura, perché implica il dover rinunciare a qualche desiderio presente per ritrovarsi in seguito a godere di maggiori tranquillità e libertà.

Quando il risparmio si trasforma in investimento?

Investire, invece, significa tendere a un obiettivo più preciso, vale a dire il mantenere inalterato o veder crescere di misura il proprio capitale nel tempo, sottoponendosi tuttavia al contempo anche al rischio che non solo questo incremento possa non verificarsi ma che, addirittura, le somme inizialmente stanziate possano perdere (o vedere addirittura azzerato) il proprio valore.

Ecco perché, semplificando, si può dunque affermare che

Per quanto a propria volta non immune da imprevisti o altri “accidenti”, tenere i soldi sotto il materasso è ad esempio una forma di risparmio, ma non certo di investimento!
Vien allora da sé che conoscere la differenza tra risparmio e investimento è una delle premesse fondamentali per un’accorta gestione delle proprie finanze e, soprattutto, per prendere decisioni e selezionare strumenti effettivamente in linea con le proprie possibilità economiche e i propri obiettivi.

Ed è sempre questa la ragione per la quale, quando si parla di risparmio (o investimento), diventa impossibile esprimersi in termini assoluti o fornire suggerimenti validi in ogni occasione e per qualunque tipologia di risparmiatore, ancor di più all’interno di un mercato sempre più dinamico, ampio e complesso: ogni strategia deve essere formulata a partire dal singolo caso concreto, tenendo conto del peculiare rapporto rischio/beneficio che i diversi strumenti possono garantire in funzione del singolo profilo e dell’obiettivo, di breve o più lungo periodo, che ci si prefigge di raggiungere.

Articolo scritto dallo Staff di Arg Intermediazioni